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MEDUZA | L’ALBUM DI DEBUTTO

Redazione | 21/11/2023
MEDUZA

Tra i gruppi italiani che fanno musica elettronica, i Meduza sono tra quelli attualmente più in voga.

Attivo da 4 anni, il trio-composto dai 3 DJ e produttori Simone Giani, Luca De Gregorio e Mattia Vitale-già con il loro singolo d’esordio, ha ottenuto un grande successo planetario, diventando uno dei nomi di punta del panorama EDM attuale. Ciò perché, fin da subito, hanno proposto uno stile musicale diverso da ciò che oggi viene maggiormente ascoltato.

Definiti dalla rivista Rolling Stones come i “Måneskin della dance”, la loro musica può essere definita come una sorta di evoluzione della House music con delle sonorità dark e la struttura di un pezzo pop. A loro, pertanto, va sicuramente riconosciuto il merito di aver fatto diventare “mainstream” un tipo di sonorità normalmente non adatto alle radio.

Di recente hanno pubblicato il loro album di debutto che porta il nome del gruppo, ovvero “MEDUZA”: un doppio album, ognuno con un approccio diverso che, ciononostante, si legano molto bene tra loro. Se nel primo cd, composto da brani pop dance, troviamo tutti i loro singoli di maggiore successo, tra l’altro in ordine cronologico, (fatta eccezione per il brano d’apertura), il secondo invece punta su delle sonorità dure, con una sola canzone cantata.

Eppure i due dischi, all’apparenza diversi tra di loro, in realtà presentano molte cose in comune, riuscendo così a conferire un’impostazione ben precisa all’album. Il progetto suona molto compatto e non presenta grandi variazioni stilistiche. Essendo questo il loro primo album in studio, il gruppo ha pensato bene di presentarsi con lo stile che li ha subito contraddistinti in modo tale da far comprendere anche a chi non li ascolta abitualmente che loro hanno un’identità ben precisa.

Nulla è fuori posto: la tracklist segue una struttura sensata e ben precisa rendendo l’ascolto dell’album molto rapido nonostante quasi tutte le canzoni presentino degli arrangiamenti molto duri e complessi. Personalmente ho trovato alcuni brani troppo semplici o un po’ incompleti, ma comunque di ottima fattura.

Ma adesso passiamo all’analisi track by track dell’album.

 

1. Phone (2:35) = Come prima traccia troviamo il loro ultimo singolo, che è un brano house molto semplice con un ritornello che viene ripetuto per quasi tutta la durata del brano, caratteristica comunque presente in quasi tutti i brani cantati del gruppo. La base in realtà è abbastanza semplice, però è interessante il cambio tra le due voci, quella maschile molto bassa e quella femminile acuta. E’ uno tra i brani più trasmessi del momento e in effetti è una canzone abbastanza facile da ricordare e pure piacevole. Direi una buona traccia per iniziare il disco.

2. Piece Of Your Heart (2:31) = Conosciamo molto bene questo pezzo dato che si tratta della loro prima hit ed anche del primo brano del gruppo. Uscita 4 anni fa, la canzone ha ottenuto molto in fretta un successo mondiale. Il testo è praticamente un ritornello che viene ripetuto per tutta la durata del brano. Ma il punto di forza sta nell’accompagnamento musicale che presenta uno stile che fin da subito ha contraddistinto questo gruppo italiano. E’ un tipo di musica dance che ti cattura benchè sia molto oscura e che si presta sia ad un ascolto da club che radiofonico. In realtà è solo il primo disco ad avere questa doppia fruibilità d’ascolto perché il secondo è tutto focalizzato su musica da club. Questa caratteristica del primo disco conferisce unità all’insieme. Infatti, se ascoltati singolarmente, i due cd danno l’idea di essere scollegati, ma, ascoltati in un continuum, presentano molte caratteristiche in comune che conferiscono un concept ben preciso all’album.

3. Lose Control (2:48) = Uscita come singolo dopo la traccia precedente, il brano sa un pò di b-side di “Piece Of Your Heart” con in più la voce di Becky Hill, che impreziosisce il pezzo. Diciamo che senza la sua presenza sarebbe suonata quasi come una copia del brano precedente, malgrado vi siano delle strofe e un giro di accordi leggermente diversi. La canzone scorre velocemente, anche se, con una voce potente come la sua, si poteva puntare più in alto. Se musicalmente l’album non presenta delle grandi variazioni tra le singole tracce, non si tratta di un difetto perchè il gruppo ha una sua identità che li rende diversi dagli altri produttori contemporanei di musica dance. Questo album dunque rappresenta pienamente il loro particolare sound.

4. Paradise (2:48) = Pur non distaccandosi dal mood del disco, questa traccia rappresenta una leggera evoluzione rispetto ai brani precedentemente ascoltati. Ho molto gradito in questo primo cd il fatto che, esclusa la prima canzone, i brani siano stati messi in ordine cronologico e che quindi si parta del pezzo che li ha resi popolari per poi arrivare a quello più recente, in modo tale da mettere in evidenza non solo l’identità del gruppo ma anche la loro evoluzione. Sia questa canzone che le due successive hanno un approccio leggermente più melodico. che mette  più in risalto l’interpretazione canora: a prevalere è la voce del cantante che si fonde bene con l’accompagnamento musicale.

5. Tell It To My Heart (2:46) = Come quinta traccia troviamo una collaborazione con Hozier, artista conosciuto per il brano “Take Me To Church” del 2013. Anche questo brano è un grande successo ed è anche il pezzo che ho gradito di più dell’intero album. E’ un po’ più leggero rispetto agli altri brani dei Meduza dove l’ottima voce di Hozier si fonde alla perfezione con la base. L’apice viene raggiunto ritornello, nel quale viene espressa al meglio la potente e profonda interpretazione vocale del cantante irlandese. Brano veramente di ottimo livello.

6. Bad Memories (2:28) = Traccia di chiusura del primo disco e forse il brano meno interessante dell’album. Anche questa è stata una hit di successo, un brano semplice dove, per tutta la sua durata, viene ripetuto il ritornello. Come la seconda traccia dell’album, questa canzone punta tutto sulla base. A mio avviso, il pezzo è il meno riuscito dell’intero progetto perché nell’insieme risulta statico e troppo semplice. All’inizio del brano vengono proposte tre piccole variazioni che vengono poi ripetute per tutta la durata della canzone. E’ un brano Easy Listening che non si evolve.

7. Everything You Have Done (2:36) = Se il primo disco era tutto focalizzato su brani Pop Dance radiofonici, il secondo si rivela più complicato ma proprio per questo interessante. Riallacciandosi alla prima parte dell’album, ne riprende le sonorità cupe che sviluppa con arrangiamenti più duri, pensati esclusivamente per i festival e i club. Con questo secondo disco la musica Dance del gruppo non punta sul testo o sulla voce, ma sull’arrangiamento. Del resto questo genere musicale non necessita per forza di un testo o di un’interpretazione vocale, ma si focalizza essenzialmente sull’accompagnamento.Il brano che apre il secondo disco si basa tutto su una sola melodia ed una sola voce che vengono ripetuti per tutta la durata del pezzo. All’apparenza può sembrare un brano monotono ma, se lo si ascolta attentamente, ci si accorge che il pezzo presenta molte variazioni. Innanzitutto la melodia principale viene prima arricchita da arrangiamenti aggiuntivi e poi svuotata; la voce effettata presenta piccole variazioni di pitch ed in alcuni punti sembra spezzata. Prestando maggiore attenzione, si nota che anche la melodia cambia: all’inizio ci sono solo accordi lunghi che poi poi si dissolvono in tante piccole note suonate molto rapidamente.

8. Upside Down (2:54) = L’unica canzone cantata del secondo disco presenta delle sonorità molto elettroniche. È uno dei pezzi più particolari ed anche più complessi dell’album per il tipo di suoni usati. Un brano dalle atmosfere molto inquietanti, con una voce che ricorre ad un modesto utilizzo di effetti, come l’Auto-Tune, che si fondono molto bene con l’accompagnamento. Si nota inoltre una forte contrapposizione tra strofe e ritornello: se i versi sembrano quasi dar vita ad un brano d’atmosfera, il ritornello ci riporta a sonorità elettroniche da club con arrangiamenti molto dark. Canzone molto interessante, ma non adatta a tutti.

9. Friends (2:36) = Un intro nel classico stile del gruppo che si collega con i pezzi del primo cd ma che poi sfocia in un brano quasi techno. Il brano si compone di due parti scollegate tra loro dove la voce campionata, presente dall’inizio alla fine, fa da collegamento tra le due differenti sezioni. È un pezzo non del tutto riuscito che al primo ascolto ti lascia spiazzato. Occorre sentirlo tante volte per cercare di comprenderlo bene.

10. Ecstasy (2:19) = Il brano più duro dell’album. Un arrangiamento per nulla radiofonico composto da una melodia che si sviluppa man mano, diventando sempre più potente, che viene arricchita da melodie aggiuntive più dolci ed una voce parlata che insieme sembra vogliano entrare volutamente in contrasto con la base musicale. Da notare che questa stessa voce la troveremo anche nel brano successivo ma in una tonalità più bassa. E’ interessante la piccola evoluzione presente a metà del brano che, personalmente, avrei allungato di più per dare maggiore variazione al pezzo. Buona la fattura ma nell’insieme il pezzo  suona un po’ incompleto e poco memorabile.

11. Obsession (3:12) = Questo brano musicalmente incentrato su sonorità da club, mi ha ricordato il secondo disco dell’ultimo album di David Guetta “7” uscito 5 anni fa . Anche qui troviamo una melodia che si ripete, si evolve e viene arricchita da arrangiamenti aggiuntivi. Se il precedente brano risultava incompleto per la presenza di un bridge troppo corto, qui troviamo un ponte molto più esteso che riesce a dare una buona evoluzione al pezzo

12. Back Again (2:56) = Direi il brano meno duro del secondo disco, con una ritmica più house rispetto agli altri pezzi. Qui i Meduza hanno giocato molto con gli effetti, relegando in secondo piano sia la melodia che la sezione ritmica. Forse come canzone di chiusura è un po’ troppo dura, però è di sicuro il pezzo più insolito di tutto l’album.

Leonardo Marchese

Written by Redazione




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