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RECENSIONI

LOST FREQUENCIES | IL NUOVO ALBUM “ALL STAND TOGETHER”

Redazione | 12/01/2024
Lost_Frequencies

Tra gli artisti EDM contemporanei che in questi anni si sono evoluti maggiormente spicca il dj producer belga Lost Frequencies, anche se, osservando le sue esibizioni dal vivo, chiamarlo semplicemente dj non gli rende giustizia.

Ho avuto il piacere di assistere l’anno scorso ad un suo show e ciò che fin da subito mi ha colpito è che ha portato con sé una vera e propria band, distinguendosi così dalla maggior parte degli artisti EDM che invece si affidano unicamente al suono elettronico.

Inoltre, ha dimostrato di essere un musicista a tutti gli effetti essendo capace sia di suonare la chitarra e le tastiere che di saper utilizzare le Drum Machine.

La sua capacità di fondere il suono digitale con quello di strumenti reali è ciò che caratterizza ogni suo brano e che me lo fa apprezzare sempre di più.

Il mio giudizio nei suoi confronti si è evoluto positivamente dal secondo album; i suoi primi brani ed il suo album di esordio non mi convincevano affatto, malgrado il loro grandissimo successo da attribuire al fatto che si trattasse di produzioni Deep House che seguivano, più o meno, lo stile di quello che può essere considerato come il maggiore esponente di questo genere musicale: il tedesco Robin Schulz.

Ciò che non mi piaceva dei suoi brani iniziali, ed anche del suo album di debutto “Less Is More”, è che seguivano sempre la stessa formula, ovvero quella di unire dei giri di chitarra acustica con la Dance, probabilmente per cercare di emulare il grande successo della sua prima canzone “Are You With Me”.

Pensavo che l’artista si sarebbe arenato a quel tipo di sonorità che non avevo per nulla apprezzato ed invece, con mia grande sorpresa, Lost Frequencies ha iniziato a spostarsi più verso l’Elettronica, introducendo l’utilizzo di tastiere e Drum Machine, mostrando così capacità di grande evoluzione artistica che lo hanno portato a realizzare versioni più da Club delle sue canzoni più celebri.

Il pezzo dove, secondo me, ha dimostrato per la prima volta di essere un artista elettronico a tutti gli effetti, catturando la mia attenzione e facendo svanire i miei pregiudizi nei suoi confronti, è stato un remix rilasciato gratuitamente per il brano “Ave Cesaria” del francese Stromae: una versione Progressive House e molto Elettronica, inaspettata da parte sua, dove, per la prima volta, non vengono utilizzati strumenti reali.

Questa sua versione è stata la prima produzione di Lost che ho gradito tantissimo; e ritengo che sia proprio da qui che ha avuto inizio la sua positiva evoluzione musicale.

Pur non avendo del tutto abbandonato lo stile che caratterizzava le sue prime canzoni, si è distaccato molto dal suo “passato” proponendo dei pezzi molto diversi l’uno dall’altro.

A mio parere, Lost Frequencies è uno tra i musicisti contemporanei di musica Elettronica più interessanti e, di conseguenza, nutrivo delle forti aspettative su questo suo terzo album in studio “All Stand Together”, aspettative che, fortunatamente, non sono state affatto deluse.

Ora, se nel precedente album “Alive And Feeling Fine” ha mostrato una grande capacità di evolversi sperimentando molto con l’EDM in alcuni brani, questo suo nuovo disco non rappresenta un ulteriore passo in avanti. Qui l’artista non ci propone qualcosa di diverso, ma si racconta dai suoi esordi in versione evoluta.

Il disco, infatti, presenta dei brani che si rifanno alle sue prime canzoni, dei pezzi dove a dominare è l’Elettronica ed anche delle tracce dove avviene l’unione tra ciò che era lui prima e quello che è adesso.

Insomma, possiamo vedere questo suo nuovo album come una sorta di “Best Of” di tutto ciò che ci ha proposto fino ad ora.

Non siamo quindi di fronte a qualcosa di innovativo, ma il disco suona molto compatto ed anche i pochi pezzi che non ho trovato convincenti, quelle tracce che io considero come riempitivi, nell’insieme funzionano bene.

C’è solo un brano che si stacca un po’ dal mood del disco, ma questo lo scoprirete leggendo la mia personale recensione Track by Track:

1. No Limit (3:16) = Iniziamo subito con il mio brano preferito di tutto l’album, una canzone molto insolita da parte sua.

Si tratta di un pezzo House vecchio stile composto da piano e una parte ritmica che si evolve nel ritornello con l’aggiunta di un sintetizzatore. Ad avvalorare di più il brano, troviamo la sofisticata interpretazione vocale del cantautore inglese Zak Abel. La traccia d’apertura mette fin da subito in evidenza l’evoluzione musicale dell’autore.

2. All Stand Together (3:15) = La title-track dell’album presenta una voce molto calda e profonda dove è possibile sentire alcune modifiche ottenute grazie all’utilizzo di software moderni. Se prestate molta attenzione noterete un leggero utilizzo dell’Auto-Tune e che, in quasi tutto il brano, è stata data alla voce un effetto di Low Pitch. Quest’ultima tecnica consiste nel rendere inconsueta un’interpretazione vocale togliendo tutte le note alte presenti nella registrazione originale. In questo caso, la voce è stata variata per farla stare bene con l’arrangiamento ed anche per dargli una veste più cupa dato che questo è un brano leggero ma con una melodia molto malinconica, abbastanza insolita da parte di Lost Frequencies. Canzone di alta qualità ma che va ascoltata tante volte per essere ben compresa.

3. Dive (2:41) = Direi l’esatto contrario della traccia precedente perchè, se prima ci trovavamo di fronte ad una canzone dark e complessa, questo invece è un brano allegro ed Easy Listening. E’ uno dei tanti singoli già usciti prima della pubblicazione ufficiale dell’album, ma, in questo caso, la presenza di molti brani già rilasciati in precedenza non pesa all’ascolto anche perchè sono pezzi che nell’intero progetto funzionano. E’ uno dei brani più catchy e radiofonici del disco per la presenza di una strofa, un ritornello ed una melodia al piano che vengono ripetuti per tutta la durata della canzone. Il pezzo non suona statico perchè presenta delle piccole variazioni che mantengono viva l’attenzione dell’ascoltatore, dimostrando che a volte basta fare delle cose semplici per ottenere un buon prodotto finale.

4. Back To You (2:36) = La collaborazione con gli X Ambassadors, gruppo Rock americano conosciuto qui in Italia per la hit “Renegades” di 8 anni fa, è una delle poche canzoni prevedibili presenti in questo disco. Uscita come singolo ad inizio anno, ascoltando l’intero progetto, ritengo che questo pezzo sia stato inserito nell’album per cercare di accontentare anche chi non ha del tutto apprezzato l’evoluzione musicale dell’artista verso l’elettronica. Questo, infatti, è un brano che unisce strumenti acustici con una ritmica Deep House. Oltre agli X Ambassadors, nel pezzo è presente una voce femminile, quella di Elley Duhè, una cantautrice americana con un timbro molto acuto. La sua voce viene leggermente modificata nel ritornello con l’utilizzo dell’Auto-Tune allo scopo farla sposare bene con quella del frontman del gruppo americano. L’interpretazione vocale è anche il punto di forza di questo pezzo che, malgrado ciò, ritengo sia una tra le tracce più deboli dell’album. E’ un brano abbastanza gradevole, molto semplice e tranquillo ma che sa di già sentito.

5. The Feeling (2:34) = Pubblicata come singolo ufficiale quest’estate, la quinta traccia del disco è una canzone che unisce la musica Country con la Dance. Una caratteristica che è stata portata al grande successo da Avicii che, con la hit planetaria “Wake Me Up” di 10 anni fa, ha dato una ventata d’aria fresca alla musica EDM moderna. Anche qui non ci troviamo di fronte a qualcosa di innovativo, ma, fortunatamente, il pezzo non suona come una copia dello stile dell’artista svedese. E’ il brano che arriva più diretto all’ascoltatore perchè è estremamente catchy ed è anche abbastanza rapido rispetto agli standard di Lost Frequencies. Il potenziale radiofonico qui è altissimo, è uno di quei pezzi che ti entra molto facilmente in testa e che ogni tanto ti ritrovi anche a canticchiare oppure a fischiettare.

6. Leave You In The Past (2:44) = L’unica canzone che spezza un po’ il ritmo di tutto l’album è anche il pezzo dove l’autore osa di più. Il brano è in collaborazione con Netsky, un dj belga di musica Drum and Bass: si tratta di un genere musicale molto rapido, influenzato dalla Dubstep e completamente diverso da quello che realizza Lost Frequencies. Eppure, gli stili dei due produttori si uniscono molto bene in questo pezzo che ha un ritmo Elettronico molto rapido, tipico della musica di Netsky, ma presenta anche degli accordi di chitarra acustica ed elettrica dove è possibile udire l’impronta dell’artista principale. Uno dei brani più interessanti del disco, sembra una canzone del primo Skrillex ma dall’approccio “mainstream” per la presenza di chitarre al posto delle tastiere.

7. Just Wanna Know (3:08) = Qui ci troviamo di fronte ad un giusto compromesso tra sonorità radiofoniche e da club. E’ un pezzo che accontenterà sia chi apprezza i suoi brani nella versione originale che chi gradisce di più le Deluxe edition delle sue canzoni, ovvero i remix realizzati in chiave più elettronica e da Festival. Da notare il cambio di tonalità nella voce che all’inizio non presenta nessuna variazione, ma poi, quando subentra il Kick, viene resa bassa con l’utilizzo dell’Auto-Tune per cercare di farla stare bene sopra il beat. Ma la cosa più particolare di questa canzone è l’arrangiamento che presenta un forte contrasto tra parti leggere e melodiche, composte principalmente da pianoforte e chitarra, con un ritmo e dei suoni abbastanza cupi. Purtroppo, il pezzo in sé risulta essere un po’ monotono per due motivi: la presenza di un ritornello ripetuto per tutta la durata del brano; l’arrangiamento che segue uno schema ben preciso senza introdurre nessuna differenza tra la prima e la seconda parte ritmica del pezzo. Ma, tralasciando questi due aspetti, sono interessanti i suoni utilizzati e, tutto sommato, la canzone scorre velocemente.

8. Where Are You Now (2:29) = Conosciamo molto bene questo brano, si tratta di uno dei suoi pezzi più celebri ed anche maggiormente riusciti. Una produzione molto semplice con una melodia accattivante ed un ritornello che entra bene in testa. Questa è forse la canzone che rappresenta di più l’artista perchè è un brano che può accontentare sia i fan di vecchia data che chi ha iniziato ad apprezzare la sua musica soltanto di recente.

Infatti, nel pezzo sentiamo dei giri di chitarra uniti ad un ritmo Dance, tipica caratteristica delle sue prime produzioni, ma nel ritornello è presente anche una melodia realizzata con la tastiera elettronica, strumento che l’artista ha iniziato ad usare nelle sue canzoni più recenti. Un ottimo pezzo dove l’autore dimostra di non aver del tutto abbandonato le sue radici.

9. Questions (2:57) = Un ritornello scontato ed un arrangiamento un po’ troppo semplice fanno di questa canzone la traccia meno riuscita di tutto l’album. Uscita come singolo l’anno scorso, già dal primo ascolto ho trovato questo pezzo abbastanza banale. Brano molto mainstream, non è una brutta canzone ma non ha nulla di interessante da offrire. Non rappresenta un’evoluzione per l’artista e non offre neanche qualcosa di nuovo messa a confronto con la musica moderna che passa in radio.

10. Gone (3:21) = Si rialza la qualità con questa traccia dove a dominare sono un giro di chitarra elettrica unito ad una ritmica e delle parti realizzate col basso analogico abbastanza “dure” ed insolite per venire da Lost Frequencies che vagamente possono ricordare lo stile Future House di Oliver Heldens. Una canzone molto orecchiabile che presenta un arrangiamento molto interessante e che viene arricchito dall’ottima interpretazione vocale del cantautore canadese Alexander Stewart. Senza ombra di dubbio, questo è uno dei brani più riusciti dell’intero progetto.

11. Fall At Your Feet (6:36) = Il disco si conclude con quella che è la traccia più complessa di tutto l’album. Un brano elettronico da ascoltare che punta tutto sugli effetti dove l’interpretazione vocale passa in secondo piano. Qui, a giocare un ruolo fondamentale, è la melodia che evolve il brano a differenza della batteria elettronica che resta invariata per tutta la durata del pezzo. Nella sua lunghezza e complessità può ricordare alcune canzoni del passato; infatti, questo brano è una cover di un pezzo Pop Rock degli anni 90’. Come reinterpretazione l’ho trovata molto interessante perché l’autore, invece che restare fedele alla versione originale, ha pensato di rivisitare il brano in chiave Elettronica. Il pezzo funziona abbastanza bene come canzone di chiusura, anche se suona un po’ statico. Si tratta di un buon prodotto che, per diventare ottimo, avrebbe avuto bisogno di una maggiore evoluzione; bastava cambiare un po’ la parte realizzata con la batteria elettronica per elevare di più il pezzo.

 

Written by Redazione




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    Tom Cuffia

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